Non aveva bisogno di saperne
di più. Temeva che la sua intromissione in quell'ambiente che probabilmente
era stato teatro di chissà quali nefandezze avrebbe procurato a lui
e alla sua famiglia guai maggiori di quelli già sperimentati.
Se mai avesse avuto dei dubbi sulla veridicità dei racconti della figlioletta,
ora non ne aveva più. Era tutto vero. Se non voleva perderla nessuno
del suo nucleo familiare doveva rimanere un giorno di più in quella
casa.
Riammattonò la stanza e quel giorno stesso, raccolte le cose di prima
necessità, si trasferì in casa della madre dove fin da quella
stessa notte dormì con la famiglia.
Nel giro di una settimana Mastro Gaspare traslocò definitivamente
nella dimora che aveva abitato precedentemente, anch'essa di sua proprietà
e questa che lasciava la mise in vendita speranzoso di concludere l'affare
nell'arco di pochissimi giorni.
Confidava nel fatto che una casa come quella, centrale, con due accessi e
ad un prezzo minore del suo reale valore (la vendeva allo stesso prezzo d'acquisto,
senza considerare le riparazioni che vi aveva apportato a sue spese) avrebbe
allettato non pochi acquirenti. Ma, inspiegabilmente, senza che né
lui, né i figli, né la madre, cui non aveva potuto fare a meno
di raccontare i fatti accaduti, avessero fatto parola ad alcuno di quegli
avvenimenti, in paese si cominciò a sussurrare che Mastro Gaspare metteva
in vendita la casa perché infestata dagli Spiriti. Questa voce rendeva
molto più arduo il compito ai sensali incaricati dell'affare.
A rendere più ardua la vendita della casa contribuiva il fatto che
all'epoca era molto difficile trovare qualcuno in grado di disporre della
cifra necessaria ad un tale acquisto.
Passati circa sei mesi nellinfruttuosa attesa di un acquirente, Mastro
Gaspare decise di provare a darla in locazione.
Fu a questo punto che si fece avanti Don Gaetano Arcoleo in qualità
di affittuario, attratto dall'esiguità del canone d'affitto.
Don Gaetano era un uomo sui quarantacinque anni, alto, magro, buon lavoratore.
Era molto autoritario nei confronti della moglie e dei sei figli, quattro
maschi e due femmine, convinto com'era che il modo più sicuro d'impartire
loro la buona creanza rimanesse la severità, mai poca. Infatti, era
convinto che solo così la sua autorità di pater familias poteva
continuare ad essere riconosciuta. Comunque i suoi modi bruschi e autoritari,
in effetti, nascondevano un amore sviscerato per ogni componente della sua
famiglia, in modo particolare per Adelina, la più piccola dei figli,
che aveva otto anni, molto cagionevole di salute e con una malformazione congenita
alla gamba destra che la costringeva a zoppicare. Don Gaetano soleva sostenere
che pur di procurare il massimo del benessere alla propria famiglia era disposto
a vendere anche l'anima al diavolo.
La moglie di Don Gaetano, Donna Agatina, era un donnone di circa quarant'anni
che pesava almeno il doppio di lui, mora coi capelli crespi che la facevano
sembrare una mulatta, era infatti soprannominata 'a Nivura .
A parte Concetta che essendo la più grande dei figli, diciannove anni,
aiutava la madre in casa, i quattro maschi, Bartolo, Nino, Peppino e Giovanni,
coadiuvavano il padre nella conduzione di un piccolo appezzamento di terra
coltivato ad agrumi che avevano in affitto e quando avevano completato i lavori
stagionali in quel terreno prestavano la loro opera come braccianti presso
terzi. Tuttavia, per quanto il padre coi figli si ammazzassero di fatica,
riuscivano a malapena a sbarcare il lunario, considerando pure che all'epoca
dei fatti il salario di un bracciante era meno di un terzo di quello di un
muratore; i ragazzi poi venivano pagati ancora meno.
La famiglia Arcoleo, fino ad allora aveva vissuto in una stamberga di due
stanze, dai muri zuppi di umidità, in un vicoletto nei pressi della
casa sfitta di Mastro Gaspare.
Mastro Gaspare, per mantenersi la coscienza a posto si sentì in dovere
di mettere Don Gaetano sull'avviso di quanto avveniva la notte in quella casa.
Gli confessò che il vero motivo che lo aveva costretto ad abbandonarla
erano le strane "presenze" che la notte "disturbavano"
la figlia e che tutto ciò, presumibilmente, era da attribuire all'esistenza,
sotto il pavimento dell'ultima stanza, di una Truvatura. Perciò, se,
nonostante i suoi avvertimenti aveva ancora voglia di abitare in quella casa,
stesse attento per la piccola Adelina che aveva la stessa età della
sua Rosina.
- Ma come - rispose Don Gaetano - un uomo come voi crede a queste superstizioni?
Io non ho mai creduto né alle Truvature, né agli Spirdi né
a nient'altro. Credo solo in Dio, la domenica vado a Messa e sono a posto.
Non ho paura di niente! I morti non li temo,... semmai i vivi. - concluse
con una risata.
Senza perdere tempo in eccessive formalità, i due uomini si misero
d'accordo e già all'indomani, in un solo giorno, gli Arcoleo traslocarono
nella nuova abitazione. Infatti, non ci volle molto a trasportare le poche
fatiscenti masserizie di loro proprietà.
La nuova abitazione sembrò conferire loro un nuovo status sociale.
Cominciarono col vestirsi in modo più decente e, neanche un mese dopo
i vicini assistettero al primo degli avvenimenti che in seguito avrebbero
dato adito a molte illazioni. Due stràscini carichi di mobili e di
masserizie nuove si fermarono davanti alla casa, dove scaricarono tutto e
se ne ripartirono carichi del vecchio ciarpame che fino ad allora aveva svolto
le funzioni di mobilio.
Non era trascorso un mese da questo avvenimento quando in paese si seppe che
Don Gaetano era divenuto proprietario della casa di Mastro Gaspare e, nei
mesi successivi, del terreno di cui era affittuario, di un altro appezzamento
di terra adiacente al primo, di altre tre case che aveva dato in affitto e
di una stalla sul retro della casa, visto che ora possedeva anche un cavallo
e un mulo per il calessino e il carretto che aveva intanto acquistato.
Nell'anno che seguì gli Arcoleo erano divenuti agiati possidenti.
Ai primi si erano aggiunti altri terreni coltivati ad agrumi, dove ormai Don
Gaetano e i figli si recavano non più per lavorarvi, ma per controllare
l'operato dei braccianti al loro servizio.