- Che stai facendo, maledetto ?!!! - era il vecchiaccio che la bimba già conosceva, che, gridando con quella sua voce che nulla aveva di umano, improvvisamente era apparso alle spalle di Angelo. Questa volta non era solo. Era in compagnia di un altro vecchio orripilante quanto lui, ma che sembrava essergli sottomesso come un cane al suo padrone.
Angelo, al sentire quella voce accennò un timido istintivo tentativo di fuga che il vecchio bloccò sul nascere artigliandolo con quelle sue mani scheletriche ma forti.
Anche Rosina tentò di fuggire verso la stanza dei fratelli, ma il solito vecchio intuendo le sue intenzioni, imprecando e bestemmiando, intimò all'altro:
- Blocca l'uscita, stupido! Voglio provarci io a convincere questa signorinella, visto che il suo "amichetto" non se la sente.
Rosina vide il secondo vecchio fluttuare per aria, alla velocità di un batter di ciglia, e bloccargli la strada verso la salvezza, prima che lei riuscisse a muovere un solo passo. Rimase impietrita dall'orrore, il tempo di sentire la solita voce rivolgersi a lei con un tono che voleva sembrare mellifluo e accattivante, senza però riuscirvi:
- Bambina mia, non aver paura di me. Io sono buono, Angelo ti ha raccontato un sacco di bugie. L'unica verità che ti ha detto é l'esistenza della Truvatura. Non ci credere al fatto del pegno..., non é vero niente. Vuoi che la tua famiglia diventi ricca? Non devi fare altro che venire giù con noi e prendere la Truvatura. - Poi, con tono compunto, proseguì - Noi vogliamo farti soltanto del bene per farci perdonare i peccati commessi nella nostra miserabile vita da Colui che dispensa misericordia anche a peccatori quali noi siamo. Aiutaci a farti del bene.
Ma a questo punto la bimba riuscì a sbloccarsi e gridando come una forsennata cercò di rifugiarsi sotto il letto, ma quello, subitaneamente, continuando a tenere un braccio attorno al collo di Angelo, con l'altro prese la sedia che era ai piedi del lettino e la calò con forza sulla piccola imprigionandovela dentro.
Intanto risvegliati dalle grida di Rosina, ecco accorrere Ciccio, Damiano e dietro di loro il padre.
Probabilmente fu il tramestio prodotto da costoro per giungere sul posto a indurre i vecchi a scomparire con Angelo come e per dove erano venuti, non senza, però, che il più malvagio dei due, quello che ormai aveva chiaramente dimostrato di essere il capo, avesse lanciato un'ultima minaccia alla bimba:
- Non finisce così. Finché resterai in questa casa non avrai scampo.... Prima o dopo sarai nostra!!! ... E’ solo questione di tempo !!!
Quando Mastro Gaspare ebbe finito di ascoltare il racconto della figlia, l'aiutò a vestirsi e l'accompagnò a casa della madre dove già si trovavano Damiano e il piccolo Andrea.
L'anziana donna era in apprensione da quando aveva visto arrivare i due nipoti ad un'ora così insolita della giornata. Invano aveva chiesto spiegazioni a Damiano, questi, tenendo fede alla promessa fatta al padre, le aveva fornito soltanto delle risposte evasive che non l'avevano affatto convinta. Chiedesse al padre, quando questi fosse venuto con Rosina!
Quando Mastro Gaspare arrivò con la figlia, la madre, solo guardandolo in volto capì che pensieri molto gravi lo turbavano e, tuttavia, non se la senti di chiedergli nulla, ma, presa in consegna la nipotina lo lasciò allontanarsi senza che nessuno dei due avesse proferito alcuna parola, a parte un breve cenno di saluto. Benché l'espressione del viso del figlio l'avesse messa in allarme, tuttavia la donna sapeva che quegli non le avrebbe raccontato alcunché se non quando lo avesse ritenuto opportuno.
L'uomo tornò a casa. Aveva deciso che doveva, a qualunque costo, constatare de visu cosa si nascondesse sotto il pavimento della stanza della sua bambina: doveva appurare se le disavventure della figlia avessero un reale fondamento.
Una volta sul posto, andò direttamente nello sgabuzzino dei suoi attrezzi da lavoro e ne prese una piccozza, uno scalpello e un mazzuolo.
Prima di oltrepassare la soglia della cameretta di Rosina, si segnò e recitò ancora le Dodici parole della verità, poi entrò. Svuotò l'armadio per renderlo più leggero e spingendolo dal muro lo spostò fin quasi al centro della stanzetta. Dopo questa operazione cominciò col manico del mazzuolo a percuotere quella parte di pavimento precedentemente occupata dal mobile per verificarne la risonanza. Già ai primi colpi il rumore che se ne ricavava dimostrava che lì sotto era vuoto. Ripeté l'operazione in tutta la stanza senza però ottenere la stessa risonanza.
Era risaputo che il sottosuolo di quasi tutta la parte centrale del paese é attraversato da una miriade di cunicoli naturali che collegano diverse caverne altrettanto naturali e la volta delle quali, costituita da durissima roccia, era spessa generalmente molti metri. In alcuni casi, invece, si riduceva fino a poche decine di centimetri e, addirittura, qualcuno di quei cunicoli sbucava perfino in superficie. A riprova di ciò esistono in paese alcune case ed anche alcuni esercizi commerciali ricavati in queste grotte. Infatti, proprio in centro, a ridosso della piazza, all'interno di una di queste caverne, c'é un'officina meccanica. Nessuno sa fin dove porta quel cunicolo, visto che qualcuno, non si sa in che epoca, ha ritenuto opportuno ostruirlo con un muro. Nelle vicinanze c'é un'altra grotta sotterranea molto grande che una volta era adibita a stalla per asini e muli e che ora funge da scantinato a una palazzina di due piani.
Si dice che questo complesso di caverne coi suoi cunicoli si estenda fino alla vicina città di Palermo e che, tra il '600 e il '700, servisse da rifugio alla setta dei Beati Paoli. Ma queste dicerie, per la verità, non hanno mai avuto il suffragio di alcun riscontro storico o geologico.
Mastro Gaspare, razionalista com'era, non volle abbandonarsi a congetture fantastiche sulla natura del vuoto sotto il punto del pavimento occupato dall'armadio, ma volle pensare che da lì si dipartisse qualche cunicolo o qualche caverna naturale.
Diede un colpo di piccozza su uno dei mattoni accosto al muro rompendolo, poi con lo scalpello prese a svellere gli altri in prossimità del primo finché non ne ebbe divelti una ventina; raschiò i residui di malta rimasti attaccati al pavimento. Questa operazione gli consentì di portare allo scoperto un grosso anello di ferro, di quelli che si usava attaccare nei muri delle stalle per legarvi le bestie. Qui l'anello veniva ad essere al centro di quella che sembrava una botola di cemento di forma quadrata. Individuato il contorno del suo perimetro, aiutandosi ancora con lo scalpello, riprese a raschiare la malta che la teneva attaccata ai bordi del pavimento e quando la botola fu completamente liberata provò a sollevarla con la sola forza delle braccia senza tuttavia riuscirvi.
Stava per riprovarci aiutandosi con un paletto di ferro fatto passare attraverso l'anello per usarlo come una leva, quando pensò che ormai non ne valeva più la pena. Infatti, a lui bastava avere appreso che, anche se sotto quella parte del pavimento esisteva una caverna naturale, ormai era evidente che qualcuno in carne ed ossa vi aveva avuto accesso per chissà quali misteriosi motivi e che, magari per gli stessi motivi, aveva ritenuto opportuno celarne poi l'entrata. Qualunque cosa fosse accaduta in quell'antro, sicuramente era quella la genesi delle drammatiche "visioni" della piccola Rosina.

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Fantasmi di famiglia - A truvatura

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